“Non sarò mai abbastanza cinico da smettere di credere che il mondo possa essere migliore di com’è / Ma non sarò neanche tanto stupido da credere che il mondo possa crescere se non parto da me.” Sono queste le parole della strofa finale del brano di Brunori Sas “Il costume da Torero” dal quale ha preso inizio l’incontro sostenuto dalla Fondazione Zanotti e Student Office all’interno dell’evento “Presente! Esserci oggi”, una delle diverse proposte strutturate come tentativo di creare uno spazio di dialogo a partire da un tema di attualità specifico.

L’incontro del 13 novembre, presso i Nuovi Istituti Biologici, dal titolo “E’ scoppiata la pace” ha seguito questo proposito, cercando di rispondere agli interrogativi: La pace può esistere anche in guerra? E se sì, come può ognuno di noi essere costruttore di pace? A partire dalle ultime notizie che attestano il raggiungimento della tregua militare, ponendo momentaneamente fine al conflitto tra Israele e Palestina, il centro dell’evento è stato il dialogo con il giornalista, ex inviato Rai e corrispondente da Gerusalemme Giancarlo Giojelli, il quale ha cercato di portare una testimonianza diretta dei tentativi di pace a Gaza. La parola “pace” sottolinea il giornalista in ebraico è “Shalom”, termine che viene utilizzato anche nel saluto tra le persone, letteralmente con il significato “che la pace sia con te”.
Riprendendo le parole di Papa Ratzingher, secondo cui la pace non è una mancanza di conflitto, né un accordo contrattuale, la parola “shalom” incorporando il campo semantico del saluto starebbe ad indicare il completamento della persona, perché solo nella relazione con l’altro è possibile avere questo risultato. L’incontro ha voluto, infatti, seguire questo concetto, cercando di indagare il rapporto che intercorre tra le nostre piccole vite e i tentativi di pace possibili, e in che modo possiamo contribuire all’interno di un palcoscenico così drastico.

A tal proposito, oltre quella di Giojelli, sono state accolte altre testimonianze di pace, di persone che si sono mosse per costruirla nel loro quotidiano. Tra di loro, c’è l’esempio di Francesco Turrini, medico di famiglia, che, portando la voce di chi come lui si è interrogato sul tema dello sciopero in funzione della pace, ha cercato dentro di sé delle risposte che non precludessero l’interruzione del proprio lavoro e che riuscissero a bilanciarlo con questo obiettivo: “Possibile che per sostenere la pace dobbiamo smettere di curare i nostri pazienti? Ci può essere un giudizio che tenga conto di tutto? Anche di questo desiderio?”. Per rispondere a questa domanda ha citato l’esempio del Cardinale Pizzaballa, il quale ha aiutato la comunità cattolica di Gaza a non scappare e ad essere punto di costruzione perché, come ha affermato lui in una intervista, “pur nel male della morte non si può eliminare il sentimento di umanità che sopravvive nel cuore di ognuno”. Pizzaballa, vuole ricordarci, dice Turrini, che la pace esige di essere costruita cominciando dal basso, e che il desiderio di costruire dei medici non era solo scioperare ma vivere con verità questo senso di “bene”.


Un’altra voce in questo dialogo è stata quella di Andrea Zanoni, dell’associazione Santa Caterina da Siena, il quale ha voluto porre l’attenzione su un tema nello specifico: solo riconoscendo l’altro come un valore si può costruire la pace. L’Associazione, curando rapporti di cooperazione internazionale, ha organizzato uno “study visit” per alcuni ragazzi che frequentano l’ultimo anno di alberghiero in Terrasanta. “Obiettivo dell’iniziativa è stato quello di insegnare loro a cucinare facendogli conoscere una vita a cui non partecipiamo e nutriamo usando la cucina come mezzo”. Inizialmente, ha affermato Zanoni, erano indecisi se proporre loro un giro culturale, oppure portarli nelle piazze delle nostre città come testimonianza, o ancora insegnare loro un corso di cucina in modo tale da creare una possibilità lavorativa. Ma tutte queste proposte, ha sottolineato Zanoni, avrebbero avuto un senso di assistenzialismo: “Ci siamo resi conto che ciò che più risponde al nostro desiderio di felicità non è neanche questo senso di giustizia umana, la classica resa dei conti, ma un “stai con me”, che è il tesoro più grande che potevamo portargli.” Dietro questa iniziativa, infatti, risiede il senso del riconoscimento dell’individuo, non solo in quanto vittima di un triste destino di guerra, ma in quanto vita esistente che merita di continuare a crescere in una comunità.
Al termine dell’incontro, il giornalista invitato Giojelli, ha concluso individuando quelli che possono essere esempi positivi a Gaza, tra cui la Parrocchia di Gaza “una delle cose più belle e commoventi che ho mai visto”, e la Compagnia Teatrale, luogo di accoglienza per tutti, ebrei, cristiani, beduini, musulmani, in cui il teatro funge da luogo di aggregazione e di salvezza. Conservando tutte queste testimonianze, a Gaza e non solo, l’incontro ha voluto, dunque, portare tutti quanti noi a volgere lo sguardo nel nostro piccolo, e ad evidenziare che anche il nostro contributo può svolgersi nei termini di una costante azione di pace tra noi e gli altri.
